Brighenti

Gaetano (n. 1777 – m. 1847) - Giuseppe (n. 1798 – m. 1837)
Gaetano rileva nel 1813 (a 36 anni) la fonderia di campane appartenente ad
Angelo Rasori ( pare l’avesse acquistata da Comelli)
La direzione dell’ azienda viene ben presto affidata al figlio Giuseppe, che
compila quasi tutti i registri a partire dal 1817 (in particolare e di suo pugno
fino alla morte un quadernetto tecnico che copre l’intero arco 1817-1847), e
che firma quasi tutti i lavori eseguiti negli anni 1818-1837 (un caso di
paternità di Gaetano e Giuseppe insieme, pochissimi del solo Gaetano).
Morto Giuseppe, Gaetano conduce da solo l’azienda per alcuni anni, fondendo
alcuni concerti di buona qualità (per es. Veggio 1840, Castel di Casio
1842, ma soprattutto il notevolissimo S. Giacomo a Bologna del 1842-44).
Richiama quindi presso di se il nipote Clemente (nato nel ‘20, ultimo figlio
del fratello Vincenzo), che aveva già lavorato presso la fonderia, e poi era andato a
collaborare con Serafino Golfieri. Il ruolo non secondario
ricoperto ben presto da Clemente è provato da alcuni notevoli concerti firmati
da Gaetano e Clemente: Sassomolare 1844, Liserna e Castel d’Aiano
1845,  ma soprattutto  S. Francesco di Bologna del 1847.
Clemente (n. 1820 – m. 1894)
Nel 1847, alla morte dello zio, Clemente assume la gestione della fonderia,
iniziando il più lungo periodo in cui l’azienda è stata retta dal medesimo titolare.
Innumerevoli i concerti fusi in quasi mezzo secolo di attività. Successivamente
accadde l’episodio della fusione di cannoni destinati
al Governo Repubblicano Bolognese (insediatosi il 9 febbraio 1849): nella
primavera, con la lavorazione in corso, gli austriaci  che occupavano la
città scoprono casualmente il fatto; Clemente viene arrestato e condannato a
morte. Per l’intercessione del Cardinale Legato, la sentenza venne commutata
nella confisca dei beni della fonderia. Alle
difficoltà conseguenti (si deve pensare che venisse applicata una sorta di interdizione
temporanea dall’ esercizio legale dell’attività) e legata la collaborazione
tra Clemente e Serafino Golfieri, che ha prodotto tra l’altro i concerti
cittadini della Croce del Biacco (1849) e dell’ Annunziata (1850, ora a
Pennabilli, PU). Nel meridione si trovano concerti fusi per  Duomo di Barletta
1880 e per l’estero (Russia, Indi a ed Indi e Inglesi).
Giuseppe II (n. 1852 – m. 1910)
Si presume che  nel periodo ’89-’94 i registri della fonderia venissero compilati 
sia da Clement e sia dal figlio Giuseppe. 
Nel ’93 compare su di una campana il nome di
Giuseppe  accanto a quello del padre (la grossa in tono di sesta della basilica
di S. Luca a Bologna). Dal ’94 inizia a firmare i bronzi il solo Giuseppe.
Sotto la gestione di  Giuseppe II l’azienda conosce il periodo di maggior
prosperità. Partecipa ad esposizioni nazionali ed internazionali riportando
premi (Parigi 1900, Milano 1906) e continua ad essere presente sul mercato
internazionale (Brasile ed India). Aumenta il prestigio e la visibilità della
ditta, che ottiene da Pio X la qualifica di “Fonderia Pontificia” (1907),
mentre lo stesso Pontefice nomina Giuseppe “Cavaliere del Pontificio Ordine
di S. Gregorio Magno” (1908). Alla fine del secolo Giuseppe trasferisce la
fonderia dalla vecchia sede di cui l’azienda è affittuaria (proprietario il
comune) alla nuova, subito fuori porta Lame, dotata di ampi locali e di un
forno della capacita di 45 q.li.
Cesare (n. 1884 – m. 1963)
Alla morte di  Giuseppe (28 aprile 1910) la conduzione dell’azienda passa al
figlio Cesare, che fin dal 1898 aveva preso a lavorare in fonderia. Cesare
gestisce in proprio la fonderia dal 1910 al 1915 e dal 1945 al 1951, mentre
dal ’19 al ’43 è in società con fratelli Clemente e Vincenzo. La fonderia 
sospende l’attività nel periodo delle due guerre, dal ’15 al ’18 e dal ’43 al ’45.
In questo ci fu la quasi totale distruzione dei capannoni per i 
bombardamenti di inizio settembre ’43. Dopo la prima guerra mondiale la
fonderia partecipa alla campagna di rifusione delle campane requisite dagli
austriaci nelle zone del Trentino e della Venezia Giulia. In funzione
dell’ accresciuta mole di lavoro (legata non solo alle campane) viene costruito
un nuovo forno – che si aggiunge al precedente da 45 q.li – della capacità di
120 quinti.  Nel periodo di massima espansione l’attività si estende a fusioni
artistiche e a fusioni tecniche e meccaniche, comprendendo pure un’officina
meccanica (produzione di bruciatori a nafta), arrivando ad impiegare una
cinquantina di addetti. Fatta eccezione per i periodi delle rifusioni, la
produzione di campane risulta marginale per la ditta, impiegando non più di
quattro o cinque addetti, e nemmeno a tempo pieno. Importante rimane comunque il numero di campane fuse.
Nel ’42-’43 la ditta riceve l’incarico di procedere alle requisizioni
per conto dello Stato. L’unico settore della fonderia in piena attività resta nel
secondo dopoguerra il reparto campane; malgrado ciò, per la totale crisi degli
altri settori di attività, la ditta è costretta a modificare la ragione sociale, che
dal ’52 risulta essere “s. r.l. F.E.M. Brighenti” (Fonderia Emiliana Metalli
Brighenti), essendo Vincenzo amministratore unico e Cesare direttore tecnico
(l’altro fratello, Clemente, era morto nel ’41). Riprende la produzione di
campane.  Fusero anche un concerto  per il Sud America oltre ad altre
produzioni artistiche e tecniche. La ditta cessa infine l’attività il 28 giugno
1958. In quest’ultimo periodo, e cioè dalla nascita della FEM pare ci fosse una stretta collaborazione con una piccola fonderia di campane dei fratelli Manfredi.

In dettaglio

  • Luogo: Bologna
  • data: XIX - XX secolo